Nel 1995, alla Quarta Conferenza Mondiale sulle Donne, 189 Paesi e oltre 30.000 attivisti hanno approvato la Dichiarazione e Piattaforma d’Azione di Pechino. È stato il primo documento politico globale a riconoscere che “i diritti delle donne sono diritti umani”, ponendo la violenza di genere tra le dodici aree critiche di intervento.
Trent’anni dopo, i risultati sono visibili: nel 1994 solo 12 Paesi disponevano di leggi contro la violenza domestica; oggi, il database di UN Women registra 1.583 misure legislative in 193 Paesi, di cui 354 specificamente sulla violenza domestica. Tuttavia, l’applicazione resta un problema: mancano protezioni legali complete e servizi adeguati per le sopravvissute.
La Dichiarazione ha anche promosso un approccio integrato: servizi essenziali (rifugi, assistenza legale, consulenza), prevenzione culturale e raccolta dati. Dal 1995 al 2014, 102 Paesi hanno condotto indagini nazionali sulla violenza contro le donne. Programmi come Women Count hanno migliorato la misurazione anche della violenza online.
Il ruolo dei movimenti femministi è stato decisivo. Tuttavia, nel 2022 meno dell’1% degli aiuti allo sviluppo è stato destinato alla violenza di genere, e solo una parte è arrivata alle organizzazioni femminili. Il Fondo fiduciario ONU ha finanziato 670 iniziative in 140 Paesi, ma i bisogni restano ampi.
Infine, la Piattaforma ha riconosciuto esplicitamente i diritti delle bambine, anticipando temi ancora oggi centrali: matrimonio infantile, mutilazioni genitali femminili, STEM, registrazione alla nascita.
Approfondimento completo: 30 anni dalla Dichiarazione di Pechino – UNRIC
La Dichiarazione di Pechino ha cambiato la storia, ma nessun Paese ha ancora pienamente realizzato la promessa di una vita libera dalla violenza per donne e ragazze.